Ho deciso di guardare la seconda stagione di questa serie di successo con basse aspettative: come tutti sanno, quando si raggiunge un livello molto alto è molto più facile scendere ( o precipitare ) che salire di qualità. So che sono un appassionato di fantascienza e che a volte apprezzo anche opere un po’ di nicchia, ma la prima stagione mi aveva davvero entusiasmato e, in questo caso, non sono stato l’unico ad apprezzarla. Cosa aveva di così affascinante la prima stagione? Tante componenti dosate sapientemente: l’ambientazione anni ‘80, tornata di moda di recente (vedi altre serie e videogiochi di prossima uscita); il focus su un gruppo di ragazzi molto giovani che si accostano ad un contesto maturo; la tensione sempre presente e il disorientamento dello spettatore. Con queste caratteristiche, non è difficile richiamare alla mente un certo tipo di cinema, cui ci hanno abituato autori come Steven Spielberg e Stephen King con film tipo E.T., Stand By Me, il primo It, che vengono citati anche direttamente (vedi ad es. la fuga in bicicletta dei ragazzi che stavolta avrà un esito “invertito” per chi dovrà volare per aria). Suggestivo ed azzeccato anche il parallelo tra il mondo fantasy creato dai giovani ragazzi e quello fantastico, ma allo stesso tempo reale in quell’universo, dell’altra dimensione, da loro chiamata “il sottosopra”: una serie di analogie dove la realtà parallela si identifica con gli elementi di un gioco di ruolo. Il disorientamento si manifesta nel rendere incomprensibili alcuni accadimenti, lasciando sì qualche indizio, ma impedendo di connettere i punti logici essenziali per avere una visione d’insieme. Fino ovviamente agli ultimi episodi risolutivi (in parte).
Tra i personaggi spicca senza dubbio la Joyce Byers di Winona Ryder, nella sua ostinazione di non cedere alla follia e non darsi per vinta. Un grande ritorno per Winona, forse accantonata per troppo tempo dalle case di produzione.
La seconda stagione non avrebbe potuto seguire la strada dell’indecifrabilità: conosciamo ormai i personaggi, il loro modo di agire e buona parte dei misteri che ruotano attorno al “sottosopra”. Non restava allora che inserire altri elementi di interesse: un nuovo misterioso antagonista (con un proprio “esercito”); un’approfondimento sul passato di Undici; l’introduzione di nuovi personaggi di rilievo, come Max e Bob (entrambi interpretati rispettivamente molto bene dalla giovane attrice Sadie Sink e da Sean Austin, noto per la saga del Signore degli Anelli e per i Goonies, altra pietra miliare del cinema per ragazzi anni ‘80). Il risultato è sopra le aspettative iniziali: forse pochi “spunti” e storie sono davvero originali, ma non ci si annoia mai. La tensione e il mistero sono sempre presenti, anche se un po’ più blandi.
Credo che Stranger Things si possa catalogare più facilmente nel genere fantascientifico piuttosto che in quello fantastico, anche ci si muove sulla linea di confine: la credibilità non viene mai meno, nonostante gli episodi straordinari presentati.
E’ proprio agli amanti di questi generi che mi sento di raccomandare Stranger Things.
Mi pare che sia stata annunciata la terza serie: penso che la guarderò, stavolta con un po’ più di ottimismo 😉
