attualità, ping pong

Il Coronavirus ha sconfitto Eraclito.

Panta Rhei!” (“Tutto scorre!”)

Mentre l’azione di uscire di casa si è tramutata da “mezzo” (per arrivare da qualche parte) a “fine” o scopo ultimo di un periodo di reclusione che non poteva conoscere altri obiettivi immediati, ho ricominciato a pensare al mio sport: il tennistavolo. Non si può ancora giocare, ma è abbastanza confortante ritrovare almeno i pensieri positivi di una volta.


A dire il vero, qualcuno che gioca a tennistavolo c’è già: sono quelli bravi, i giocatori di interesse nazionale scelti dalla federazione; sono quelli che giocano per lo “scudetto” o per qualificarsi alle olimpiadi. Gli altri no, ed è abbastanza giusto che sia così: non si può mettere a rischio di contagio qualche “vecchietto” che si gioca al massimo un caffettino al bar (quando i bar sono chiusi).

Mentre la pacatezza di questa logica constatazione mi cullava, cominciava ad assalirmi il tarlo del dubbio (come spesso mi accade). Mi sono domandato: ma i giocatori bravi lo sono sempre stati o lo sono diventati? Eraclito, il filosofo greco del mutamento secondo cui “«Non si può discendere due volte nel medesimo fiume», non avrebbe avuto dubbi. Cercando di superare questo apparente dilemma, la mia mente mi ha portato non verso due anziani che si giocano un caffè, ma da dei ragazzi amatori: giovani non ancora così forti da fare interessare la federazione, ma che potrebbero diventarlo. Ebbene questi ragazzi non possono ancora allenarsi,purtroppo! La loro crescita è così cristallizzata.
Il coronavirus ha fermato il tempo e ha preso le decisioni al posto suo: la bravura è una condizione immutabile e non è possibile raggiungerla.


Per analogia di argomentazione, sono anch’io precipitato nell’acceso dibattito sui cosiddetti “congiunti“. Chi sono questi congiunti? Sono i parenti e le persone cui siamo legati di più. Ai tempi del Coronavirus sono quelli che ci è concesso di andare a trovare.

Vedere alla tv le immagini di un ristorante che separava, sistemando in due tavoli diversi, coppie che non abitavano sotto lo stesso tetto, mi ha sollevato gli stessi interrogativi di sopra. Mi sono chiesto: un ragazzo e una ragazza fidanzati o sposati, lo sono sempre stati oppure lo sono diventati? Ci sarà stato o no un periodo in cui si frequentavano e non erano ancora congiunti, il loro cuore batteva forte e la loro mente era ancora confusa (ma felice)? Anche qui il coronavirus ha cancellato il divenire: essere congiunto è condizione immutabile e non è possibile raggiungerla, soprattutto per i/le single che frequentavano qualcuna/o prima della quarantena… Bisogna mettersi il cuore in pace.


La vita ai tempi del Covid è così “congelata” in condizioni immutabili e il divenire è un’illusione, come voleva Zenone nel celebre paradosso di Achille e la tartaruga.


Eliminando tempo e mutamento, non sarà più possibile risolvere il paradosso e la tartaruga potrà risalire sul gradino più alto del podio per guardare dall’alto in basso il vanaglorioso e stupefatto Achille.
Al povero Eraclito, così mortificato, non resta che attendere il 18 maggio e sperare che cambi qualcosa. A lui non manca di certo la fiducia nel mutamento.


Neanche a me, sperando sia in meglio.

attualità

Coronavirus, il prezzo più alto.

In questi giorni funesti, a tutti gli italiani si chiede un sacrificio, ma il valore di ciò a cui si rinuncia non può essere lo stesso per tutti.

C’è chi è costretto a chiudere la propria attività, chi ha già perso il posto di lavoro e chi continua a fare quello che faceva prima, ma con un po’ più di attenzione e rinunciando a qualche boccata di aria fresca. Si parla di indici di borsa in picchiata, spread alle stelle e previsioni al ribasso per la crescita economica. Magari in qualcuno desterà preoccupazione vedere arrancare e impantanarsi i colossi della finanza mondiale e sentire parlare di cifre a nove zeri per un rilancio dell’economia. Qualcun altro, illuminato da una saggezza repentina, scorgerà un’occasione per una ramanzina sull’avidità del mondo e si tranquillizzerà pensando che non tutti i mali vengono per nuocere.

Ma dietro a questa realtà che misura i sacrifici con grafici e indici, ce n’è un’altra, invisibile ai più, dove una parola vale più di una plusvalenza e un abbraccio più di un dividendo: è il mondo degli invalidi e dei disabili, degli anziani con patologie, dei bambini con disturbi dello spettro autistico e di tutte le persone cosiddette fragili che vivono grazie alla vicinanza degli altri. Mia madre appartiene a questa categoria di persone in difficoltà. Come altri anziani nella stessa condizione, lei era abituata ad uscire per una passeggiata in carrozzina per il paese, a incontrare persone che la salutavano con un bacio e a ricevere la visita di amici. Ora tutto questo non è più possibile ed è palese la sua sofferenza. Difficile anche riuscire a spiegarle perché abbiamo dovuto sospendere la nostra routine.

Sono le persone come mia madre che pagano il prezzo più alto in questa situazione e poiché il valore del loro sacrifico non è misurabile, nessuna manovra di alcun governo potrà restituire loro quello che gli è stato tolto.

Mentre resto chiuso nella mia abitazione, dedico alcuni momenti alla riflessione e all’immaginazione: nelle mie fantasie mi vengono alla mente scene ispirate dalla letteratura fantastica, di civiltà sviluppatesi sottoterra come alcuni Nani di Dungeons & Dragons o umani nel film (o romanzo) di fantascienza Ember. Nonostante l’assurdità di sovrapporre la fantasia alla realtà, un paragone ci può stare, ma qualcosa è intrinsecamente diverso: a differenza di questi esempi, nella nostra emergenza, manca un’ispirazione, una pulsione umana cui tendere che si identifichi con la speranza.

Purtroppo non è facile nemmeno aggrapparsi a qualcosa quando chi potrebbe allungarti una mano deve stare a distanza di almeno un metro. La fede e l’amore sono da sempre le ultime ancore di salvezza nei momenti bui, tragedie o guerre, ma oggi le chiese devono restare vuote e le carezze e i baci sono diventati pestiferi. Anche Papa Francesco si trova quasi in imbarazzo nell’impossibilità di trovare un modo per stare vicino agli ammalati.

Non possiamo nemmeno più concedere un meritato saluto ai nostri cari defunti con un funerale: morire ora è come gettare un libro in un cassonetto dei rifiuti e poi dargli fuoco.

Il virus ci trasforma in pezzi di carne succhiandoci la nostra umanità.

Questo è il paradosso del Coronavirus: lo possiamo battere uniti ma solo tenendoci distanti.

Sono contento che si sia scelta la via della prudenza nell’affrontare l’epidemia e anch’io mi unisco all’appello “restiamo a casa”, ma sotto ai problemi di salute/sopravvivenza ed economici c’è quello della perdita dei valori umani, che andrebbero maggiormente tutelati perché per le persone fragili rappresentano la vera ricchezza.

Capisco la situazione, ma l’emergenza non deve diventare la consuetudine e il problema delle tempistiche non è irrilevante. Quanto potremo resistere andando avanti così? Quanti sacrifici dovremo chiedere ancora ai nostri cari più fragili prima di perderli per sempre? Quanto ancora la nostra umanità dovrà essere violentata?

Speriamo solo di poter risalire al più in superficie dal mondo sotterraneo in cui ci siamo rintanati e cerchiamo nel frattempo di aiutare le persone che ne hanno più bisogno a compiere questo viaggio insieme a noi.